Archeologia degli Iblei

L’Altopiano ibleo conserva importanti testimonianze del periodo greco, fra cui i resti delle antiche subcolonie fondate dai corinzi di Siracusa, quali Akrai e Casmene, nel VII secolo a.C.
Relativamente al fenomeno rupestre bizantino (VI – VII sec. d.C.), un’importante testimonianza è rappresentata dall’Oratorio di San Micidiario a Pantalica con affreschi della tradizione iconografica orientale.
La presenza degli arabi in Sicilia sud – orientale, a partire dal IX secolo, è molto forte negli Iblei, tanto da aver lasciato traccia nella toponomastica.
Il nome Cassaro, ad esempio, deriverebbe da Kars (castello), per indicare il presidio e la fortezza eretta in periodo arabo. Il nome Palazzolo, invece, risalirebbe alla forma arabizzata Balansul (palazzo).
Importantissima testimonianza dell’acquisizione di tipologie architettoniche arabe sono i Ddieri (dall’arabo “casa”), abitazioni scavate nelle rupi, su diversi livelli, che conservano ancora oggi tutti gli elementi dell’alto e basso Medioevo, legate a tradizioni di Paesi africani come il Maghreb. Molti impianti urbanistici rivelano ancora tracce degli antichi Kastra arabi trasformati, con la conquista normanna, in châteaux-forts, castelli urbani, spesso edificati su un angolo di mura preesistenti, come il Castello di Palazzolo Acreide o Rocca di Castelmezzano.
Con l’arrivo di Federico II, definito Stupor Mundi, anche l’architettura viene influenzata dai nuovi stili. Uno dei più caratteristici esempi di arte gotica è l’antica chiesetta di Sant’Andrea, a Buccheri. Un altro momento di grande splendore per l’arte siciliana e, di conseguenza, per l’arte del comprensorio ibleo, coincide con l’avvento della dominazione aragonese e l’insediamento, proprio a Siracusa, della Camera Reginale. E’ immediata l’influenza dello stile catalano del XV secolo, portato da nobili spagnoli e dignitari di corte che si circondano di una nuova tipologia di abitazioni e monumenti di ispirazione iberica. E’ proprio in questo periodo che Palazzolo Acreide vive il suo momento di splendore con la presenza dei due maggiori esponenti dell’arte rinascimentale, Antonello da Messina e Francesco Laurana, sotto il Barone Alagona. Tra il XV e il XVIII secolo, Palazzolo e Noto svolgono una funzione spiccatamente culturale nell’ambito del territorio ibleo.
La politica urbanistica degli spagnoli favorì la fondazione di nuovi centri concedendo le licentiae populandi, secondo le quali il feudatario che riusciva a popolare un feudo con almeno ottanta famiglie, godeva di notevoli diritti politici ed economici. I Signori della Sicilia orientale fondarono:
Floridia, nel 1627, ad opera del Barone Lucio Bonanno Colonna;
Canicattini Bagni, nel 1682 nel Feudo Bagni per volontà del Marchese Mario Danieli;
Solarino, nel 1760, dal Principe Antonio Requisenz.
L’11 gennaio del 1693, la Sicilia orientale fu colpita da un catastrofico terremoto che distrusse case, palazzi, chiese, causando la morte di oltre 60.000 persone. La ricostruzione, ad opera sia di maestranze locali che provenienti da tutte le parti della Sicilia, ebbe subito corso grazie all’interessamento di religiosi e feudatari. Chiese e palazzi preesistenti, con le loro forme imponenti e il loro patrimonio di storie e tradizioni, condizionarono notevolmente i piani di ricostruzione vincolando gli uomini ai siti urbani originari. La ricostruzione di queste città coincise con il fiorire dell’arte barocca, anche se nell’Italia meridionale fu caratterizzata da un gusto esotico ereditato dagli arabi e coltivato dagli spagnoli.
Uno degli elementi più caratterizzanti di queste città è rappresentato dall’aspetto scenografico dei prospetti delle chiese, come quelle di San Sebastiano a Ferla, della Maddalena a Buccheri, di Sant’Antonio a Cassaro, della Chiesa Madre a Sortino e della Chiesa Madre a Buscemi. I palazzi dell’aristocrazia e dei benestanti diventano quinte scenografiche a completamento delle grandi architetture chiesastiche. Sorsero così, imponenti edifici con il balcone ad angolo o con una balconata continua, come i palazzi delle famiglie Judica, Cafici -Lombardo, Ferla e Pizzo a Palazzolo Acreide; Mariano-Rigazzi, Valguarnera e Matera a Sortino; Requiesens a Solarino; Cassarino, Messina e Carpinteri a Canicattini. Nella stagione del Liberty europeo, tra la fine del XIX sec e il primo decennio del XX sec, la Sicilia rappresentò l’avanguardia, frutto delle aspirazioni politiche dell’isola, delle raffinate esigenze espressive dell’alta borghesia siciliana, nonché dei rapporti culturali della regione con le migliori democrazie europee. Siracusa diventò centro di diffusione dell’architettura modernista iblea, dove gli elementi liberty venivano associati ad elementi eclettici.
La fioritura di questo stile era, peraltro, legata ad un evento storico, quale l’emigrazione transoceanica, tanto che, l’antropologo Antonino Uccello definì il Liberty ibleo come “Liberty degli emigranti”. La bellezza intima e raccolta dell’Altopiano ibleo si manifesta anche nell’architettura rurale, espressione del legame intrinseco dell’uomo con la terra, caratterizzata da elementi costruttivi, i muri a secco, realizzati senza uso di malta, che assolvono ad una funzione ecologica in quanto difendono il terreno dai dilavamenti alluvionali. Con la tecnica del muro a secco si costruivano perfino le neviere per la raccolta, la conservazione e la commercializzazione della neve. L’arte e la cultura iblea è rintracciabile perfino lungo le vie di collegamento tra i Comuni, dove piccole edicole votive, chiamate misteri, rappresentano precisi punti di riferimento nella toponomastica locale.