Convegno di studi
Dimmi tre parole… Cuntu, Spartenza, Malamuri.
La Sicilia raccontata dalla lingua dei Siciliani
La storia ha formato la Sicilia linguisticamente molto ricca e diversa.
Situata nel cuore del Mediterraneo, terra di conquiste sin dai tempi più antichi, la Sicilia presenta un patrimonio linguistico che è andato arricchendosi nel corso dei secoli attraverso i contatti con le popolazioni più diverse.
Gli studiosi oggi concordano sul fatto che il siciliano si sia dotato di un prestigio letterario ancor prima del toscano, e come esso sia stato utilizzato come lingua ufficiale e diplomatica dal XIII secolo al XV secolo, dotata di una propria grammatica e di un proprio patrimonio lessicale. La presenza del dialetto nella realtà isolana è ancora oggi forte, nonostante la progressiva diminuzione del numero di parlanti. La gran varietà del repertorio linguistico forma parte della cultura di ogni siciliano: i dialetti locali vengono impiegati costantemente nella comunicazione quotidiana e sono stati utilizzati ampiamente dal cinema, dal teatro e dalla letteratura per le loro qualità espressive. Una legge regionale riconosce, tutela e promuove lo studio, la conoscenza e la diffusione del siciliano, lingua riconosciuta dall’Unesco e da importanti organismi scientifici e culturali internazionali.
Una giornata di studi dedicata alla lingua, alla cultura e all’arte siciliana realizzata nell’ambito delle attività di studio e di ricerca promosse dal Comune di Floridia e dal Museo etnografico “N. Bruno”, in seno al Sistema Rete Museale Iblei e all’Ecomuseo degli Iblei, è stato concepito un evento sotto la Direzione scientifica del Prof. Salvo Sequenzia, semiologo e la cura organizzativa di Cetty Bruno, Direttore del Sistema museale.
Sono state individuate tre parole-tema: Cuntu, Spartenza, Malamuri – a partire dalle quali si svilupperanno i percorsi antropologici, storico-letterari e le espressioni artistiche che racconteranno l’isola, il suo popolo, la sua storia, la sua arte e la sua millenaria cultura in un intreccio originale di testimonianze, di esperienze e di saperi.
Programma
Ore 18,30 – Presentazione e Saluti
Cetty Bruno, Direttore Museo N. Bruno e S.R.M.I.
Marco Carianni, Sindaco di Floridia
Maria Serena Spada, Assessore alla cultura
Alessandra Ministeri, Dirigente U.O. 18.2 Soprintendenza di Siracusa
Giuseppe Implatini, Esp. Catalogazione Beni D.E.A. Soprintendenza di Siracusa
Interventi
Salvo Sequenzia, semiologo
“Lingua lippusa. La lingua siciliana come iper-lingua”
Corrado Di Pietro, etnoantropologo
“Malamuri. Le parole che cantano “
Mario Lonero, etnoantropologo
“Spartenza. Parole di addii, parole dei carrettieri”
Paolino Uccello, etnoantropologo
“Cuntu. Parole che evocano, parole che guariscono, parole che salvano”
Maria Burgio e Maria Lucia Riccioli
Letture sceniche
CURAMUNI’
Musiche e canti popolari degli Iblei
MUSEO NUNZIO BRUNO – ore 18,30 Domenica 10 settembre
Al museo etnografico “N. Bruno“, nell’ambito della rassegna Radici promossa dall’amministrazione comunale di Floridia, si è tenuto un convegno dedicato alla lingua siciliana con la cura scientifica di Salvo Sequenzia ed organizzato dalla direttrice del museo, Cetty Bruno, sotto l’egida del Sistema Rete Museale Iblei e dell’Ecomuseo degli Iblei.
Relatori del convegno, sono stati Salvo Sequenzia, Corrado Di Pietro, Mario Lonero e Paolino Uccello. Ad essi sono stati affidati tre parole della lingua siciliana – cuntu, spartenza e malamuri – per raccontare la Sicilia, la sua cultura e il suo popolo.
Maria Burgio e Maria Lucia Riccioli hanno letto brani tratti dall’immenso repertorio poetico in lingua siciliana – dai cantari del XV secolo ai contemporanei Salvo Basso e Nino De Vita.
I Curamuni’ hanno impreziosito la serata con il loro meraviglioso e struggente repertorio musicale.
Nel De vulgari eloquentia (I,XII,2-4), Dante testimonia il primato della lingua siciliana tessendo l’elogio dei poeti della Scuola Siciliana, “uomini che hanno poetato solennemente, ciò a che, tutto quello che produssero i migliori fra gli Italiani, appariva dapprima nella corte di tanti sovrani, e per il fatto che la corte avesse sede in Sicilia, è avvenuto che tutto ciò che si è prodotto prima di noi, fu detto siciliano”.
Come, magistralmente, aggiunse il grandissimo Ignazio Buttutta: “Nui ci cunsammu a tavula, iddi poi s’assittaru a mangiari”.
Alcune immagini della serata
SCIALACORI… NOTTE BIANCA 2023
Storie narrate
Ulisse di Sicilia di Liddo Schiavo
Liddo Schiavo
Letture sceniche
Enzo Annino
al pianoforte
Mario Toscano, chitarra
Museo N. Bruno – sabato 9 settembre 2023 ore 20.30
Alcune immagini della serata
Rassegna stampa attività
“RADICI”: IL DIALETTO SICILIANO, TRA IPER LINGUA E AFFETTO
Il convegno di studi “Radici”, svoltosi nei locali del museo “Nunzio Bruno” a Floridia, è divenuto occasione per scandagliare il nostro dialetto e ricostruire l’identità siciliana, minacciata, dall’imperante inglese, che anche altre realtà profana.
A porgere i saluti sono stati gli organizzatori del convegno, Maria Serena Spada, assessore alla Cultura del Comune di Floridia, e Cetty Bruno, direttrice del suddetto museo. Entrambe, nel manifestare la propria soddisfazione per la bontà dell’evento e lo spessore dei relatori, hanno evidenziato come la buona riuscita delle varie attività organizzate sia frutto di un consolidato sistema di rete.
Giuseppe Implatini, esperto nella catalogazione dei Beni D.E.A della Soprintendenza, ha evidenziato che, nonostante dall’Unità d’Italia, l’italiano sia la lingua nazionale, e dunque, deputata ad esprimere il concetto, di fatto, il siciliano così come gli altri dialetti siano il registro linguistico degli affetti.
Salvo Sequenzia, semiologo, si è soffermato sulla “Lingua lippusa. La lingua siciliana come iper-lingua.” Già Dante, nel suo De Vulgari Eloquenzia, ha detto, attribuisce dignità di lingua al volgare italiano, nella fattispecie dialetto siciliano, definendolo: illustre, curiale, cardinale e aulico.
Il volgare siciliano, inoltre, è una lingua molto prestigiosa, visto che lo stesso Dante identifica nella scuola federiciana il primo esempio di scuola poetica in Italia. Il siciliano, dunque, non solo non è un dialetto, ma una lingua e, addirittura, iperlingua.
Corrado Di Pietro, etnoantropologo, ha posto la sua attenzione su: Malamùri. Le parole che cantano. Malamùri, che proviene da malo e amore e che può assumere quali significati quelli di cattivo umore o amore malato, ha detto, è la cifra distintiva dei poeti romantici e decadenti, i quali avevano una concezione malinconica della vita. Malamùri è anche il titolo di una canzone di Olivia Sellerio, lu malamuri ca t’arrivota e annegghia l’ali, alliscia li pinni e supra ‘a cuda jetta lu sali, nonché di un film del 2016.
Mario Lonero, etnoantropologo, si è soffermato su: Spartenza. Parole di addii, parole dei carrettieri.
Poiché l’italiano, a causa dell’invadenza dell’inglese, sta diventando un dialetto europeo, ha esordito, occorre valorizzare i dialetti e, in particolare, vista la sua storia, quello siciliano. Non solo il siciliano è ricco di vocaboli, ma anche di gerghi, negli ambiti che attengono soprattutto all’agricoltura e al mestiere di carrettiere.
Paolino Uccello, etnoantropologo, si è concentrato sul Cuntu. Parole che evocano guariscono e che salvano. Il cuntu, preceduto sempre da un aneddoto, ha premesso, costituiva motivo di riunione della famiglia e di incontro per un’intera comunità. Tra i personaggi che popolavano i cunti, figurava quello di mamma Rabecca la cui ipotizzata presenza serviva a vietare ai bambini di aggirarsi nei pressi di una grotta o di una cisterna.
Ad arricchire il convegno di studi sono state le letture sceniche di Maria Lucia Riccioli e di Maria Burgio, la cui passione per il siciliano è il frutto di un amore per le usanze e di tanta dedizione, nonché i “Curamunì”, un duo la cui musica popolare, connubio tra canzone d’autore e tradizione, è un viaggio nella Sicilia terra di emozioni.
Lucia Corsale
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